La vita in condominio non comporta solo la condivisione di spazi comuni, ma anche precise responsabilità economiche di manutenzione e gestione fra i proprietari. Per questa ragione, tutti i condomini sono tenuti al versamento dei contributi condominiali, ovvero delle quote di competenza per coprire le spese indispensabili alla conservazione, alla manutenzione e al godimento degli spazi comuni. Ma quali sono le caratteristiche di queste spese e, soprattutto, come avviene la loro suddivisione, in base a quanto previsto dalla normativa vigente?
Cosa sono i contributi condominiali
Innanzitutto, è utile comprendere il significato di contributi condominiali. Come già spiegato in apertura, tali contributi possono essere definiti come somme di denaro, ripartite nella maggior parte dei casi in quote millesimali, che ogni condomino è tenuto a versare per la conservazione, la manutenzione e il godimento delle parti comuni.
In altre parole, si tratta dei fondi necessari al condominio per affrontare le sue esigenze di spesa, si tratti di pagamenti periodici – ad esempio, quelli per le utenze in condivisione – oppure di interventi di manutenzione.
Secondo l’articolo 1130 del Codice Civile, l’amministratore ha l’obbligo di riscuotere i contributi condominiali, in base al piano di ripartizione approvato dall’assemblea. Ancora, è utile ricordare che i contributi sono obbligatori per tutti i condomini, in base alla suddivisione prevista per legge, indipendentemente dall’uso effettivo dell’immobile: di conseguenza, anche i proprietari di appartamenti sfitti o disabitati dovranno versarli.
Un caso particolare è però rappresentato dall’esonero del costruttore, che può essere escluso dalle spese ordinarie per proprietà invendute, se non utilizza le parti comuni e se ciò è previsto dal regolamento contrattuale. Rimangono invece dovute le spese straordinarie.
Le tipologie di contributi condominiali
Per agevolare la comprensione, è certamente utile ricordare le principali tipologie di contributi condominiali. Questi infatti si distinguono in base alla natura delle spese da sostenere e, come facile intuire, a seconda delle esigenze specifiche dell’edificio.
In linea generale, i contributi condominiali possono essere suddivisi in due categorie principali, quelle delle spese ordinarie e straordinarie. Nel primo gruppo vi rientrano gli oneri per:
- forniture periodiche, come il pagamento di utenze comuni, quali l’illuminazione delle scale;
- contratti sottoscritti dal condominio, quali i servizi di pulizie o la portineria;
- manutenzione ordinaria, ad esempio per gli interventi ciclici necessari per l’ascensore;
- eventuali polizze assicurative sottoscritte dal condominio, come ad esempio quella contro furti e incendi.

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Ancora, a seconda della composizione delle spese scelta da condominio, tra i contributi ordinari vi possono rientrare anche le quote per il riscaldamento centralizzato o per la gestione dei rifiuti, se unificati per l’intero stabile.
Così come suggerisce il nome, le spese straordinarie sono invece legate a interventi occasionali o improvvisi, tipicamente dalla natura più onerosa. Queste possono includere:
- il rifacimento di parti comuni usurate, come il tetto o le facciate;
- la riparazione o la sostituzione di impianti guasti;
- l’installazione di nuovi impianti o funzionalità per il condominio, come i sistemi di videosorveglianza;
- la modifica o la costruzione di nuove aree di pertinenza condominiale.
La ripartizione dei contributi condominiali
Compresa la composizione tipica del contributo per le spese condominiali, è utile anche comprendere come vengano ripartite le quote fra i vari condomini. Il riferimento principale è all’articolo 1123 del Codice Civile, che per la suddivisione delle spese prevede:
- una suddivisione fra tutti i condomini;
- in base ai millesimi di proprietà.
Questa ripartizione vale per la gran parte delle spese condominiali, a meno che il condominio non abbia optato per una ripartizione diversa, approvata in sede assembleare. Tuttavia, vi possono essere delle specifiche eccezioni:
- quando le spese possono essere suddivise in base ai consumi effettivi, si pensi ad esempio a un impianto di riscaldamento condominiale con contabilizzatori installati in ogni unità immobiliare. In questi casi, viene prevista una quota fissa per la manutenzione dell’impianto e una variabile in base al consumo;
- quando la normativa prevede modalità di ripartizione diverse rispetto al principio generale definito dall’articolo 1123 del Codice Civile.
Le eccezioni normative alla ripartizione delle spese
Come visto nel precedente paragrafo, il Codice Civile prevede dei criteri di ripartizioni specifici per la gestione di alcune spese condominiali. Fra le più comuni, si elencano le suddivisioni per:
- scale e ascensori, che si avvalgono di una ripartizione mista. L’articolo 1124 del Codice Civile prevede che la metà dei contributi sia stabilita in base ai millesimi di proprietà, mentre l’altra in proporzione all’altezza del piano;
- solette divisorie che, in base all’articolo 1125 del Codice Civile, sono soggette a spese di manutenzione divise al 50% fra i proprietari dei due piani interessati;
- lastrici solari o tetti a uso esclusivo che, in relazione alla funzione di copertura per tutto lo stabile, comportano sempre una suddivisione mista. In base all’articolo 1126 del Codice Civile, un terzo delle spese è a carico del condomino proprietario e i restanti due terzi sono ripartiti fra gli altri condomini in base ai millesimi di proprietà.
Cosa succede se non si pagano i contributi condominiali
Ma cosa succede se un condomino non provvede a versare le sua quota di spese condominiali? Il mancato pagamento ha conseguenze sullo stesso condomino, che diventa moroso, che sul condominio, che potrebbe trovarsi impossibilitato a corrispondere il dovuto per utenze o contratti di fornitura sottoscritti.
La riscossione dei contributi condominiali è a carico dell’amministratore che, in caso di morosità, può:
- inoltrare un sollecito formale, per richiedere il pagamento della quota entro una data stabilita, inclusi gli eventuali interessi di mora;
- procedere con un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, basato sullo stato di ripartizione precedentemente approvato, ottenibile senza preventiva autorizzazione assembleare, ai sensi dell’articolo 63 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile.
Salvo dispensa assembleare, l’amministratore è tenuto ad attivare la riscossione entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui il credito è divenuto esigibile. In caso il condominio non dovesse comunque procedere al pagamento, l’amministratore può comunicarne i dati a creditori terzi, come i fornitori, che potrebbero agire legalmente per il recupero dei crediti non pagati.
Ancora, sempre in base all’articolo 63 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile, se la morosità supera i sei mesi, è possibile sospendere servizi individuali come il riscaldamento, purché il regolamento lo consenta. È anche utile ricordare che, in casi di urgenza, le quota del moroso può essere temporaneamente suddivisa fra i condomini solventi, tramite l’approvazione in assemblea con maggioranza qualificata pari alla maggioranza degli intervenuti, purché rappresentino i 500 millesimi del valore dell’edificio. I condomini potranno poi rivalersi sul non pagamente, per recuperare le relative quote.
Infine, bisogna sapere che la prescrizione dei contributi condominiali avviene in cinque anni dalla delibera di ripartizione per le quote ordinarie, mentre per le straordinarie si applica in genere il termine decennale. La decorrenza è di solito dalla delibera di approvazione del riparto o del consuntivo, ma gli atti interruttivi o i riconoscimenti possono sospendere o interrompere la prescrizione.
Quando ci si può rifiutare di pagare le spese condominiali
Non è però sempre obbligatorio corrispondere i contributi condominiali, poiché esistono specifici casi in cui un condomino può legittimamente rifiutarsi. È il caso, ad esempio, delle innovazioni gravose o voluttuarie, che potrebbero esimere alcuni condomini dal contribuire.

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L’articolo 1121 del Codice Civile, infatti, permette ai condomini dissenzienti di non contribuire se le spese non sono essenziali, sono eccessivamente gravose o, ancora, sono suscettibili di uso separato. Ad esempio, se il condominio delibera l’installazione di una piscina, il proprietario che non intende utilizzarla può essere escluso sia dalle spese di costruzione che di manutenzione. Può però rientrarvi in un secondo momento, corrispondendo le relative quote.
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In altri casi, è invece previsto l’esonero parziale dai contributi condominiali. In base all’articolo 1118 del Codice Civile, un condominio può rinunciare ai suoi diritti di utilizzo delle parti comuni, pur corrispondendo alcune spese. Un esempio è il proprietario al piano terra che rinuncia all’uso dell’ascensore condominiale: può essere escluso dalle spese di gestione ordinaria e dalle utenze, come l’energia elettrica, se ciò non pregiudica il funzionamento per gli altri. Tuttavia, dovrà contribuire alle spese di manutenzione straordinaria, poiché l’ascensore rimane parte comune di cui conserva la comproprietà.”
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Infine, è utile ricordare l’eventuale modifica della contribuzione nei casi di separazione e divorzio. Sebbene l’effettiva ripartizione sia sempre caso per caso, tendenzialmente: l’assegnatario non proprietario dell’appartamento si occupa delle spese ordinarie e il proprietario delle spese straordinarie.
Il fondo cassa condominiale è obbligatorio?
Relativamente ai contributi condominiali, è utile anche sapere se il condominio sia obbligato a costituire uno specifico fondo cassa, per affrontare tutte le spese necessarie.
L’obbligo non esiste in senso generale, bensì in base a contesti specifici. Per le spese ordinarie, non è indispensabile costituire un fondo cassa condominiale: l’amministratore può gestire il flusso delle spese direttamente, tramite il conto corrente condominiale.
La situazione è invece diversa per le spese straordinarie. Secondo l’articolo 1135 del Codice Civile, l’assemblea può deliberare la costituzione di un fondo speciale, che diventa obbligatorio se si approvano lavori di manutenzione straordinaria o ristrutturazioni. In questo modo, i fondi possono essere accumulati in anticipo rispetto agli interventi da realizzare, prevenendo morosità e tutelando i fornitori.
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